Sentenza della Corte
29 giugno 2006 C-308/04 P

SGL Carbon AG c. Commissione

“…
26 Si deve ricordare, in limine, che il principio del ne bis in idem, sancito anche dall’art. 4 del protocollo n. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, costituisce un principio fondamentale del diritto comunitario del quale il giudice garantisce il rispetto (v., segnatamente, sentenze 5 maggio 1966, cause riunite 18/65 e 35/65, Gutmann/Commissione CEEA, Racc. pag. 149, 172, e 15 ottobre 2002, cause riunite C-238/99 P, C-244/99 P, C-245/99 P, C-247/99 P, C-250/99 P-C-252/99 P e C-254/99 P, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commisssion, Racc. pag. I-8375, punto 59).

27 Al fine di esaminare la fondatezza del motivo attinente alla violazione di tale principio, occorre parimenti rilevare che il Tribunale ha correttamente rilevato, al punto 140 della sentenza impugnata, che la Corte non ha ancora risolto la questione se la Commissione sia tenuta ad imputare la sanzione irrogata dalle autorità di uno Stato terzo nell’ipotesi in cui i fatti contestati ad un’impresa da parte di tale istituzione e delle dette autorità siano identici. Al contrario, la Corte ha considerato l’identicità dei fatti censurati dalla Commissione e dalle autorità di uno Stato quale condizione preliminare per poter sollevare la detta questione.

28 Con riguardo alla sfera di applicazione del principio del ne bis in idem quanto a situazioni in cui siano intervenute le autorità di uno Stato terzo, in forza del potere sanzionatorio nel settore del diritto della concorrenza applicabile nel territorio del detto Stato, si deve ricordare che l’intesa controversa si inquadra in un contesto internazionale caratterizzato, segnatamente, dall’intervento, sui rispettivi territori, di ordinamenti giuridici di Stati terzi.

29 A tal riguardo, occorre rilevare che l’esercizio di poteri da parte delle autorità dei detti Stati incaricati della tutela della libera concorrenza, nel contesto della loro competenza territoriale, risponde ad esigenze proprie dei detti Stati. Infatti, gli elementi sottesi agli ordinamenti giuridici di altri Stati nel settore della concorrenza non solo comportano finalità ed obiettivi specifici, ma sfociano egualmente nell’adozione di norme sostanziali particolari nonché in conseguenze giuridiche estremamente differenziate nel settore amministrativo, penale o civile, quando le autorità dei detti Stati abbiano accertato l’esistenza di infrazioni alle norme applicabili in materia di concorrenza.

30 Per contro, del tutto diversa è la situazione giuridica in cui un’impresa sia interessata, in materia di concorrenza, esclusivamente dall’applicazione del diritto comunitario e dal diritto di uno o più Stati membri, vale a dire la situazione in cui un’intesa riguardi esclusivamente l’ambito della sfera di applicazione territoriale dell’ordinamento giuridico della Comunità europea.

31 Ne consegue che, quando la Commissione sanziona il comportamento illegittimo di un’impresa, ancorché esso tragga origine in un’intesa di carattere internazionale, intende salvaguardare la libera concorrenza all’interno del mercato comune che costituisce, ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. g), del Trattato CE, un obiettivo fondamentale della Comunità. Infatti, a causa della specificità del bene giuridico tutelato a livello comunitario, le valutazioni operate dalla Commissione, in forza delle sue competenze in materia, possono divergere considerevolmente da quelle effettuate dalle autorità di Stati terzi.

32 Il Tribunale, pertanto, ha correttamente ritenuto, al punto 134 della sentenza impugnata, che il principio del ne bis in idem non si applichi a situazioni in cui gli ordinamenti giuridici e le autorità della concorrenza di Stati terzi sono intervenuti nel contesto di competenze proprie.

33 Il Tribunale, peraltro, ha parimenti correttamente ritenuto che non sussistesse un altro principio di diritto tale da obbligare la Commissione a tener conto delle indagini e delle sanzioni della ricorrente in Stati terzi.

34 A tal riguardo, si deve rilevare che, come correttamente osservato dal Tribunale al punto 136 della sentenza impugnata, non esiste alcun principio di diritto internazionale pubblico che vieti ad autorità pubbliche, ivi compresi i giudici, di Stati diversi di perseguire e condannare una persona fisica o giuridica per gli stessi fatti per i quali la persona medesima sia già stata giudicata in un altro Stato. Inoltre, non esiste un testo convenzionale di diritto internazionale pubblico in forza del quale la Commissione potrebbe essere obbligata, in sede di fissazione di un’ammenda ai sensi dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, a tener conto delle ammende inflitte, da parte delle autorità di uno Stato terzo, nel contesto delle loro competenze in materia di diritto della concorrenza.

35 Si deve aggiungere che gli accordi conclusi tra le Comunità ed il governo degli Stati Uniti d’America il 23 settembre 1991 e il 4 giugno 1998 in merito all’applicazione dei principi della «comitas gentium» attiva nell’applicazione delle loro regole di concorrenza (GU 1995, L 95, pag. 47, e GU 1998, L 173, pag. 28) si limitano a questioni pratiche di procedura, quali lo scambio di informazioni e la cooperazione tra le autorità della concorrenza e non riguardano in alcun modo l’imputazione o la considerazione delle sanzioni inflitte da una delle parti dei detti accordi.

36 Infine, con riguardo alla violazione, da parte del Tribunale, dei principi di proporzionalità e di equità, dedotta in subordine dalla ricorrente, si deve rilevare che ogni considerazione attinente all’esistenza di ammende inflitte dalle autorità di uno Stato terzo può essere presa in considerazione solo nel contesto del potere discrezionale di cui dispone la Commissione in materia di fissazione di ammende per le infrazioni al diritto comunitario della concorrenza. Di conseguenza, anche se non può escludersi che la Commissione tenga conto di ammende anteriormente inflitte dalle autorità di Stati terzi, essa non può esservi tuttavia obbligata.

37 Infatti, l’obiettivo di dissuasione che la Commissione può legittimamente perseguire nel determinare l’importo di un’ammenda è volto ad assicurare il rispetto, da parte delle imprese, delle norme sulla concorrenza fissate dal Trattato CE ai fini dello svolgimento delle loro attività nell’ambito del mercato comune (v., in tal senso, sentenza 15 luglio 1970, causa 41/69, ACF Chemiefarma/Commissione, Racc. pag. 661, punti 173-176). Di conseguenza, nel valutare il carattere dissuasivo di un’ammenda da infliggere per una violazione delle dette norme, la Commissione non è tenuta a tener conto di eventuali sanzioni inflitte ad un’impresa in ragione della violazione delle norme sulla concorrenza di Stati terzi.