Sentenze della Corte di giustizia nelle cause C-506/04, C-193/05
Wilson 19 settembre 2006

L’art. 9 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 16 febbraio 1998, 98/5/CE, volta a facilitare l’esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquistata la qualifica, va interpretato nel senso che osta ad un procedimento di ricorso nel contesto del quale la decisione di diniego dell’iscrizione di cui all’art. 3 della detta direttiva deve essere contestata, in primo grado, dinanzi ad un organo composto esclusivamente di avvocati che esercitano con il titolo professionale dello Stato membro ospitante e, in appello, dinanzi ad un organo composto prevalentemente di siffatti avvocati, quando il ricorso in cassazione dinanzi al giudice supremo di tale Stato membro consente un controllo giurisdizionale solo in diritto e non in fatto.

L’art. 3 della direttiva 98/5 deve essere interpretato nel senso che l’iscrizione di un avvocato presso l’autorità competente di uno Stato membro diverso da quello in cui egli ha acquisito la sua qualifica ai fini dell’esercizio, in tale Stato, della sua attività con il titolo professionale d’origine, non può essere subordinata ad un previo controllo della padronanza delle lingue dello Stato membro ospitante.