21 marzo 2002

Conclusioni dell’avvocato generale Jacobs del 21 marzo 2002, Causa C-50/00, Unión de Pequeños Agricultores contro Consiglio.

“2. Ai sensi dell’art. 230 CE, quarto comma, «qualsiasi persona fisica o giuridica può proporre (…) un ricorso contro le decisioni prese nei suoi confronti e contro le decisioni che, pur apparendo come un regolamento o una decisione presa nei confronti di altre persone, la riguardano direttamente ed individualmente». Anche se in tale disposizione l’accento viene posto sui ricorsi contro le decisioni, la Corte, a mio avviso correttamente, ha dichiarato che anche i regolamenti, quando riguardino individualmente il ricorrente, possono costituire oggetto di ricorsi promossi da privati che siano da essi individualmente riguardati, e che la prova dell’esistenza di un interesse individuale è sostanzialmente la stessa per le decisioni e per i regolamenti. Il concetto di interesse individuale è stato però interpretato restrittivamente dalla giurisprudenza. I ricorrenti si considerano individualmente interessati da un atto solo quando siano colpiti nella loro situazione giuridica, in ragione di determinate loro qualità peculiari, o di una circostanza di fatto che li distingua da chiunque altro e li identifichi in modo analogo al destinatario . Occorre sottolineare che questa giurisprudenza è stata oggetto di numerose critiche sia in commenti resi a titolo personale da membri della Corte , sia da parte della dottrina , e viene spesso considerata all’origine di una grave lacuna nel sistema dei rimedi giurisdizionali istituito dal Trattato CE.

3. Nel ricorso in esame, sul quale la Corte ha deciso di pronunciarsi in seduta plenaria al fine di riconsiderare la propria giurisprudenza in tema di interesse individuale, si pone un’importante questione di principio, ossia se ad una persona fisica o giuridica (in prosieguo: un «singolo») che sia riguardata direttamente, ma non individualmente, dalle disposizioni di un regolamento ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE, come interpretato dalla giurisprudenza, debba comunque essere riconosciuto il diritto di agire in giudizio nel caso in cui, altrimenti, non potrebbe fruire di un’effettiva tutela giurisdizionale a causa della difficoltà per essa di impugnare indirettamente il regolamento dinanzi a giudici nazionali, oppure se la legittimazione ad agire ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE debba essere stabilita indipendentemente dalla possibilità di promuovere tale ricorso indiretto.

[…]

56. Come ho già spiegato, la possibilità di adire la Corte ex art. 234 CE non costituisce un rimedio giuridico posto a disposizione dei singoli come un diritto incondizionato. Il diritto comunitario non attribuisce ai singoli la possibilità di controllare se viene effettuato un rinvio pregiudiziale, quali atti vengono sottoposti al sindacato della Corte o quali motivi di invalidità vengono prospettati nella questione formulata dal giudice nazionale […]

[…]

58. Oltre tutto, va rilevato che per garantire ai singoli l’accesso alla giustizia in tutti gli Stati membri, la Corte dovrebbe pronunciarsi, anche ripetutamente, su problemi intrinsecamente delicati e che finora sono stati considerati appartenere interamente alla sfera dell’autonomia processuale nazionale.

59. La chiave per risolvere il problema relativo alla tutela dei singoli contro atti comunitari illegittimi è quindi contenuta, a mio avviso, nel concetto di interesse individuale di cui all’art. 230, quarto comma, CE. Non vi è nessun obbligo di interpretare tale nozione nel senso che un singolo che intenda impugnare un atto di portata generale deve distinguersi da tutti coloro che sono colpiti in modo analogo, alla stessa stregua del destinatario. Secondo questa interpretazione, più elevato è il numero delle persone toccate da un atto, minore è la possibilità di un sindacato giurisdizionale ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE. A mio parere, tuttavia, il fatto che un atto leda un gran numero di soggetti, causando un danno diffuso anziché limitato, fornisce una ragione indiscutibile per ammettere ricorsi diretti da parte di uno o più singoli.

60. A mio avviso, pertanto, si dovrebbe ammettere che un soggetto sia considerato individualmente riguardato da un atto comunitario nel caso in cui, in ragione delle circostanze di fatto a lui peculiari, tale atto pregiudichi o possa pregiudicare in modo sostanziale i suoi interessi”.