Sentenza della Corte del 23 aprile 1986, Parti écologiste “Les verts” contro Parlamento europeo, causa 294/83.

23 […]si deve anzitutto sottolineare che la Comunità economica europea è una Comunità di diritto nel senso che né gli Stati che ne fanno parte, né le sue Istituzioni sono sottratti al controllo della conformità dei loro atti alla carta costituzionale di base costituita dal trattato. In particolare, con gli artt. 173 e 184, da un lato, e con l’art. 177, dall’altro, il trattato ha istituito un sistema completo di rimedi giuridici e di procedimenti inteso ad affidare alla Corte di giustizia il controllo della legittimità degli atti delle Istituzioni. Le persone fisiche e le persone giuridiche sono in tal modo tutelate contro l’applicazione, nei loro confronti, di atti di portata generale che esse non possono impugnare direttamente davanti alla Corte a causa dei particolari presupposti di ricevibilità specificati nell’art. 173, secondo comma, del trattato. Quando spetti alle Istituzioni comunitarie rendere tali atti operativi sul piano amministrativo, le persone fisiche e le persone giuridiche possono ricorrere direttamente davanti alla Corte contro i provvedimenti di attuazione di cui esse siano destinatarie o che le riguardino direttamente e individualmente, e dedurre, a sostegno del ricorso, l’illegittimità dell’atto generale di base. Quando detta attuazione spetti alle autorità nazionali, esse possono far valere l’invalidità degli atti di portata generale dinanzi ai giudici nazionali e indurre questi ultimi a chiedere alla Corte di giustizia, mediante la proposizione di una domanda pregiudiziale, di pronunciarsi a questo proposito.

24 È vero che, a differenza dell’art. 177 del trattato, che si riferisce agli atti delle Istituzioni senza ulteriori specificazioni, l’art. 173 menziona solo gli atti del Consiglio e della Commissione. Tuttavia, in base al sistema del trattato, è consentito proporre un ricorso diretto contro “tutte le disposizioni adottate dalle Istituzioni (…) miranti a produrre effetti giuridici”, come la Corte ha gia avuto occasione di sottolineare nella sentenza 31 marzo 1971 (causa 22/70, Commissione/Consiglio, Racc. pag. 263). Il Parlamento europeo non figura espressamente fra le istituzioni i cui atti possono essere impugnati, perché il trattato Cee, nella versione originaria, gli conferiva solo poteri consultivi e di controllo politico e non il potere di adottare atti destinati a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi. L’art. 38 del trattato Ceca dimostra che, quando al Parlamento è stato conferito fin dall’inizio il potere di adottare disposizioni di carattere vincolante, come avviene in forza dell’art. 95, quarto comma, ultima frase, dello stesso trattato, i suoi atti non sono stati sottratti, in via di principio, al ricorso d’annullamento.

25 Mentre nell’ambito del trattato Ceca il ricorso d’annullamento contro gli atti delle Istituzioni costituisce oggetto di due disposizioni distinte, nell’ambito del trattato Cee esso è disciplinato solamente dall’art. 173, che riveste cosi carattere generale. L’interpretazione dell’art. 173 del trattato che escludesse gli atti del Parlamento europeo dal novero di quelli impugnabili porterebbe ad un risultato contrastante sia con lo spirito del trattato, espresso nell’art. 164, sia col sistema dello stesso. Gli atti che il Parlamento europeo adotta nell’ambito del trattato Cee potrebbero infatti invadere la competenza degli Stati membri o delle altre Istituzioni, ovvero oltrepassare i limiti posti alla competenza del loro autore senza poter essere deferiti alla Corte. Si deve pertanto considerare che il ricorso d’annullamento può essere diretto contro gli atti del Parlamento europeo destinati a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi”.