Ricorso del 07/10/2005 contro la Repubblica italiana, presentato dalla Commissione delle Comunità europee
GU L 209, pag. 1.
Nuova causa pendente davanti alla Corte in materia di appalti e società miste.
Causa C-371/05
Il 07/10/2005, la Commissione delle Comunità europee ha presentato alla Corte di giustizia delle Comunità europee un ricorso contro la Repubblica italiana.
La ricorrente conclude che la Corte voglia:
constatare che, avendo il Comune di Mantova affidato, in via diretta e senza la previa pubblicazione di un apposito bando di gara nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, la gestione, la manutenzione e lo sviluppo dei propri servizi informatici alla società A.S.I. S.p.A., la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che le incombono in virtù della direttiva 92/50/CEE, e in particolare degli art. 11 e 15, n. 2, di tale direttiva; condannare Repubblica italiana alle spese di giudizio.
Motivi e principali argomenti
1. A seguito di un reclamo, la Commissione è venuta a conoscenza della convenzione conclusa in data 2 dicembre 1997, attraverso cui il Comune di Mantova ha affidato, in via diretta e senza la previa pubblicazione di un apposito bando di gara, la gestione, la manutenzione e lo sviluppo dei propri servizi informatici a una società da esso partecipata, Azienda Servizi Informativi (” A.S.I.”) S.p.A.. Tale affidamento ha una durata di quindici anni, fino al 31 dicembre 2012.
2. La Commissione ritiene che l’affidamento alla società A.S.I. S.p.A. dei servizi informatici del Comune di Mantova costituisca un appalto pubblico di servizi, soggetto all’applicazione della direttiva 92/50/CEE1 del Consiglio, del 18 giugno 1992, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi. Nel caso di specie sarebbe stato perciò necessario seguire una procedura di gara conformemente alle disposizioni di tale direttiva, e in particolare procedere alla pubblicazione di un apposito bando di gara nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee ai sensi degli artt. 11 e 15, n. 2, della direttiva stessa.
3. Peraltro, a parere della ricorrente, le autorità italiane non hanno addotto elementi sufficienti per far ritenere che, in considerazione dell’assetto complessivo dei rapporti giuridici intercorrenti fra il Comune e la società affidataria, nonché dell’attività svolta da quest’ultima, l’affidamento in esame costituisca un’operazione puramente ” interna ” (o In House Providing), sottratta all’applicazione delle direttive comunitarie in materia di appalti pubblici.