Sentenza della Corte C?228/03
17 marzo 2005 – Gillette
1) La liceità dell’uso del marchio ai sensi dell’art. 6, n. 1, lett. c), della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri in materia di marchi d’impresa, dipende dalla circostanza se tale uso indichi la destinazione di un prodotto.
L’uso del marchio da parte di un terzo che non ne è il titolare è necessario per indicare la destinazione di un prodotto messo in commercio da tale terzo quando un tale uso costituisce in pratica il solo mezzo per fornire al pubblico un’informazione comprensibile e completa su tale destinazione al fine di preservare il sistema di concorrenza non falsato sul mercato di tale prodotto.
Spetta al giudice del rinvio verificare se, nella causa principale, un uso di tale tipo sia necessario, tenendo conto della natura del pubblico a cui è destinato il prodotto messo in commercio dal terzo in questione.
Poiché l’art. 6, n. 1, lett. c), della direttiva 89/104 non effettua alcuna distinzione tra le destinazioni possibili dei prodotti nella valutazione della liceità dell’uso del marchio, i criteri di valutazione della liceità dell’uso del marchio, in particolare per quanto riguarda gli accessori o i pezzi di ricambio, non sono dunque diversi da quelli applicabili alle altre categorie di destinazioni possibili dei prodotti.
2) Il requisito degli «usi consueti di lealtà» ai sensi dell’art. 6, n. 1, lett. c), della direttiva 89/104, costituisce in sostanza l’espressione di un obbligo di lealtà con riferimento ai legittimi interessi del titolare del marchio.
L’uso del marchio non è conforme agli usi consueti di lealtà in campo industriale e commerciale, in particolare quando:
– avvenga in modo tale da far pensare che esiste un legame commerciale tra i terzi e il titolare del marchio;
– pregiudichi il valore del marchio traendo indebitamente vantaggio dal suo carattere distintivo o dalla sua notorietà;
– causi discredito o denigrazione di tale marchio;
– o il terzo presenti il suo prodotto come un’imitazione o una contraffazione del prodotto recante il marchio di cui egli non è il titolare.
Il fatto che un terzo usi il marchio di cui non è il titolare per indicare la destinazione del prodotto che mette in commercio non significa necessariamente che egli presenti tale prodotto come avente pari qualità o caratteristiche equivalenti a quelle del prodotto recante tale marchio. Una presentazione di tale tipo dipende dai fatti del caso di specie e spetta al giudice del rinvio valutarne l’eventuale esistenza in funzione delle circostanze della controversia principale.
L’eventualità di una presentazione del prodotto messo in commercio dal terzo come avente pari qualità o caratteristiche equivalenti a quelle del prodotto il cui marchio viene usato costituisce un elemento che il giudice del rinvio deve prendere in considerazione quando verifica che tale uso avviene conformemente agli usi consueti di lealtà in campo industriale e commerciale.
3) Nel caso in cui un terzo che usi un marchio di cui non è il titolare metta in commercio non solo un pezzo di ricambio o un accessorio, ma anche il prodotto stesso con cui l’uso del pezzo di ricambio o dell’accessorio è previsto, un tale uso rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 6, n. 1, lett. c), della direttiva 89/104 purché esso sia necessario per indicare la destinazione del prodotto messo in commercio da questo e avvenga conformemente agli usi consueti di lealtà in campo industriale e commerciale.