” Sulla prima questione
28 Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la sentenza Kühne & Heitz, citata, imponga il riesame e la rettifica di una decisione amministrativa divenuta definitiva in virtù di una sentenza di un giudice di ultima istanza, solo se il ricorrente nella causa principale abbia invocato il diritto comunitario nell’ambito del ricorso giurisdizionale di diritto interno che esso ha proposto nei confronti di tale decisione. ”
[…]
“34 Per risolvere la prima questione occorre innanzi tutto ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata, spetta a tutte le autorità degli Stati membri garantire il rispetto delle norme di diritto comunitario nell’ambito delle loro competenze (v. sentenze 12 giugno 1990, causa C?8/88, Germania/Commissione, Racc. pag. I?2321, punto 13, e Kühne & Heitz, citata, punto 20).
35 Occorre anche ricordare che l’interpretazione di una norma di diritto comunitario data dalla Corte nell’esercizio della competenza attribuitale dall’art. 234 CE chiarisce e precisa, quando ve ne sia bisogno, il significato e la portata di detta norma, quale deve o avrebbe dovuto essere intesa e applicata dal momento della sua entrata in vigore (v., in particolare, sentenze 27 marzo 1980, causa 61/79, Denkavit italiana, Racc. pag. 1205, punto 16; 10 febbraio 2000, causa C?50/96, Deutsche Telekom, Racc. pag. I?743, punto 43, e Kühne & Heitz, citata, punto 21). In altri termini, una sentenza pregiudiziale ha valore non costitutivo bensì puramente dichiarativo, con la conseguenza che i suoi effetti risalgono alla data di entrata in vigore della norma interpretata (v., in tal senso, sentenza 19 ottobre 1995, causa C?137/94, Richardson, Racc. pag. I?3407, punto 33).
36 Ne consegue che, in una causa come quella principale, una norma di diritto comunitario così interpretata dev’essere applicata da un organo amministrativo nell’ambito delle sue competenze anche a rapporti giuridici sorti e costituiti prima del momento in cui è sopravvenuta la sentenza in cui la Corte si pronuncia sulla richiesta di interpretazione (sentenza Kühne & Heitz, citata, punto 22, e, in tal senso, sentenze 3 ottobre 2002, causa C?347/00, Barreira Pérez, Racc. pag. I?8191, punto 44; 17 febbraio 2005, cause riunite C?453/02 e C?462/02, Linneweber e Akritidis, Racc. pag. I?1131, punto 41, e 6 marzo 2007, causa C?292/04, Meilicke e a., Racc. pag. I-1835, punto 34).
37 Tuttavia, come ha ricordato la Corte, questa giurisprudenza deve essere letta alla luce del principio della certezza del diritto, che figura tra i principi generali riconosciuti nel diritto comunitario. A tal riguardo occorre constatare che il carattere definitivo di una decisione amministrativa, acquisito alla scadenza di termini ragionevoli di ricorso o, come nella causa principale, in seguito all’esaurimento dei mezzi di tutela giurisdizionale, contribuisce a tale certezza e da ciò deriva che il diritto comunitario non esige che un organo amministrativo sia, in linea di principio, obbligato a riesaminare una decisione amministrativa che ha acquisito tale carattere definitivo (sentenza Kühne & Heitz, citata, punto 24).
38 La Corte ha tuttavia affermato che, in circostanze particolari, un organo amministrativo nazionale può essere tenuto, in applicazione del principio di cooperazione derivante dall’art. 10 CE, a riesaminare una decisione amministrativa divenuta definitiva in seguito all’esaurimento dei rimedi giurisdizionali interni, al fine di tener conto dell’interpretazione della disposizione pertinente di diritto comunitario nel frattempo accolta dalla Corte (v., in tal senso, sentenze Kühne & Heitz, citata, punto 27, e 19 settembre 2006, cause riunite C?392/04 e C?422/04, i-21 Germany e Arcor, Racc. pag. I?8559, punto 52).
39 Come ricorda il giudice del rinvio, alla luce dei punti 26 e 28 della citata sentenza Kühne & Heitz, tra le condizioni che possono fondare un tale obbligo di riesame la Corte ha preso in considerazione, in particolare, il fatto che la sentenza del giudice di ultima istanza, in virtù della quale la decisione amministrativa contestata è divenuta definitiva, alla luce di una giurisprudenza della Corte successiva alla medesima risultasse fondata su un’interpretazione errata del diritto comunitario adottata senza che la Corte fosse stata adita in via pregiudiziale alle condizioni previste all’art. 234, terzo comma, CE.
40 Orbene, la presente questione pregiudiziale è diretta unicamente a chiarire se una tale condizione sia soddisfatta solo se il ricorrente nella causa principale abbia invocato il diritto comunitario nell’ambito del suo ricorso giurisdizionale proposto contro la decisione amministrativa di cui trattasi.
41 A tal riguardo occorre sottolineare che il sistema introdotto dall’art. 234 CE per assicurare l’unità dell’interpretazione del diritto comunitario negli Stati membri istituisce una cooperazione diretta tra la Corte e i giudici nazionali attraverso un procedimento estraneo ad ogni iniziativa delle parti (v., in tal senso, sentenze 27 marzo 1963, cause riunite 28/62-30/62, Da Costa e a., Racc. pag. 59, in particolare pag. 76; 1° marzo 1973, causa 62/72, Bollmann, Racc. pag. 269, punto 4, e 10 luglio 1997, causa C?261/95, Palmisani, Racc. pag. I?4025, punto 31).
42 Infatti, come precisa l’avvocato generale ai paragrafi 100-104 delle sue conclusioni, il rinvio pregiudiziale si basa su un dialogo tra giudici, la cui proposizione si basa interamente sulla valutazione della pertinenza e della necessità del detto rinvio compiuta dal giudice nazionale (v., in tal senso, sentenza 16 giugno 1981, causa 126/80, Salonia, Racc. pag. 1563, punto 7).
43 Del resto, come rilevato dalla Commissione e dall’avvocato generale ai paragrafi 93-95 delle sue conclusioni, la formulazione stessa della sentenza Kühne & Heitz, citata, non indica affatto che il ricorrente sia tenuto a sollevare, nell’ambito del suo ricorso giurisdizionale di diritto interno, la questione di diritto comunitario successivamente oggetto della sentenza pregiudiziale della Corte.
44 Non si può dunque dedurre dalla sentenza Kühne & Heitz, citata, che, ai fini della terza condizione in essa delineata, le parti debbano aver sollevato dinanzi al giudice nazionale la questione di diritto comunitario di cui trattasi. Infatti, affinché tale condizione sia soddisfatta, basterebbe o che detta questione di diritto comunitario, la cui interpretazione si è rivelata erronea alla luce di una sentenza successiva della Corte, sia stata esaminata dal giudice nazionale che statuisce in ultima istanza, oppure che essa avesse potuto essere sollevata d’ufficio da quest’ultimo.
45 A tal riguardo occorre ricordare che, sebbene il diritto comunitario non imponga ai giudici nazionali di sollevare d’ufficio un motivo vertente sulla violazione di disposizioni comunitarie se l’esame di tale motivo li obbligherebbe ad esorbitare dai limiti della controversia come è stata circoscritta dalle parti, tali giudici sono tenuti a sollevare d’ufficio i motivi di diritto relativi ad una norma comunitaria vincolante quando, in virtù del diritto nazionale, essi hanno l’obbligo o la facoltà di farlo con riferimento ad una norma interna di natura vincolante (v., in tal senso, sentenze 14 dicembre 1995, cause riunite C-430/93 e C-431/93, van Schijndel e van Veen, Racc. pag. I?4705, punti 13, 14 e 22, e 24 ottobre 1996, causa C?72/95, Kraaijeveld e a., Racc. pag. I?5403, punti 57, 58 e 60).
46 Di conseguenza, occorre risolvere la prima questione proposta nel senso che, nell’ambito di un procedimento dinanzi ad un organo amministrativo diretto al riesame di una decisione amministrativa divenuta definitiva in virtù di una sentenza pronunciata da un giudice di ultima istanza, la quale, alla luce di una giurisprudenza successiva della Corte, risulta basata su un’interpretazione erronea del diritto comunitario, tale diritto non richiede che il ricorrente nella causa principale abbia invocato il diritto comunitario nell’ambito del ricorso giurisdizionale di diritto interno da esso proposto contro tale decisione.
Sulla seconda questione
47 Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se il diritto comunitario imponga un limite temporale per proporre una domanda diretta al riesame di una decisione amministrativa divenuta definitiva. ”
[…]
“Per quanto riguarda la questione dei limiti temporali per la presentazione di una domanda di riesame, occorre innanzi tutto ricordare che, nella causa che ha dato luogo alla sentenza Kühne & Heitz, citata, l’impresa ricorrente aveva chiesto il riesame e la rettifica della decisione amministrativa entro un termine inferiore ai tre mesi dal momento in cui essa era venuta a conoscenza della sentenza Voogd Vleesimport en-export (sentenza 5 ottobre 1994, causa C-151/93, Racc. pag. I?4915), da cui derivava l’illegittimità della decisione amministrativa.
55 È vero che la Corte, nella sua valutazione delle circostanze di fatto della causa che ha dato luogo alla sentenza Kühne & Heitz, citata, aveva affermato che la durata del periodo entro cui era stata introdotta la domanda di riesame doveva essere presa in considerazione e giustificava, unitamente alle altre condizioni indicate dal giudice del rinvio, il riesame della decisione amministrativa contestata. Tuttavia, la Corte non aveva richiesto che una domanda di riesame fosse necessariamente presentata non appena il richiedente fosse venuto a conoscenza della giurisprudenza della Corte su cui la domanda si fondava.
56 Orbene, è giocoforza constatare che, come rileva l’avvocato generale ai paragrafi 132 e 134 delle sue conclusioni, il diritto comunitario non impone alcun termine preciso per la presentazione di una domanda di riesame. Di conseguenza, la quarta condizione menzionata dalla Corte nella sua sentenza Kühne & Heitz, citata, non può essere interpretata come un obbligo di presentare la domanda di riesame di cui trattasi entro un certo e preciso lasso di tempo dopo che il richiedente sia venuto a conoscenza della giurisprudenza della Corte su cui la domanda stessa si fondava.
57 Occorre tuttavia precisare che, secondo una costante giurisprudenza, in mancanza di una disciplina comunitaria in materia, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro designare i giudici competenti e stabilire le modalità procedurali dei ricorsi giurisdizionali intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza delle norme di diritto comunitario, purché tali modalità, da un lato, non siano meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna (principio di equivalenza) né, dall’altro, rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico comunitario (principio di effettività) (v., in particolare, sentenze 13 marzo 2007, causa C?432/05, Unibet, Racc. pag. I-2271, punto 43, nonché 7 giugno 2007, cause riunite da C?222/05 a C?225/05, van der Weerd e a., Racc. pag. I-4233, punto 28 e la giurisprudenza ivi citata).
58 La Corte ha così riconosciuto compatibile con il diritto comunitario la fissazione di termini di ricorso ragionevoli a pena di decadenza, nell’interesse della certezza del diritto (v., in tal senso, sentenze 16 dicembre 1976, causa 33/76, Rewe-Zentralfinanzamt e Rewe-Zentral, Racc. pag. 1989, punto 5, nonché causa 45/76, Comet, Racc. pag. 2043, punti 17 e 18; Denkavit italiana, citata, punto 23; 25 luglio 1991, causa C?208/90, Emmott, Racc. pag. I?4269, punto 16; Palmisani, citata, punto 28; 17 luglio 1997, causa C?90/94, Haahr Petroleum, Racc. pag. I?4085, punto 48, e 24 settembre 2002, causa C?255/00, Grundig Italiana, Racc. pag. I?8003, punto 34). Infatti, termini del genere non sono tali da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti attribuiti dall’ordinamento giuridico comunitario (sentenza Grundig Italiana, citata, punto 34).
59 Da questa giurisprudenza costante deriva che gli Stati membri possono richiedere, in nome del principio della certezza del diritto, che una domanda di riesame e di rettifica di una decisione amministrativa divenuta definitiva e contraria al diritto comunitario così come interpretato successivamente dalla Corte venga presentata all’amministrazione competente entro un termine ragionevole.
60 Occorre, di conseguenza, risolvere la seconda questione proposta nel senso che il diritto comunitario non impone alcun limite temporale per presentare una domanda diretta al riesame di una decisione amministrativa divenuta definitiva. Gli Stati membri rimangono tuttavia liberi di fissare termini di ricorso ragionevoli, conformemente ai principi comunitari di effettività e di equivalenza. ”
Nell’ambito di un procedimento dinanzi ad un organo amministrativo diretto al riesame di una decisione amministrativa divenuta definitiva in virtù di una sentenza pronunciata da un giudice di ultima istanza, la quale, alla luce di una giurisprudenza successiva della Corte, risulta basata su un’interpretazione erronea del diritto comunitario, tale diritto non richiede che il ricorrente nella causa principale abbia invocato il diritto comunitario nell’ambito del ricorso giurisdizionale di diritto interno da esso proposto contro tale decisione.
Il diritto comunitario non impone alcun limite temporale per presentare una domanda diretta al riesame di una decisione amministrativa divenuta definitiva. Gli Stati membri rimangono tuttavia liberi di fissare termini di ricorso ragionevoli, conformemente ai principi comunitari di effettività e di equivalenza.