“5 […] per determinare le caratteristiche che detta violazione deve inoltre possedere perché sussista la responsabilità della Comunità in conformità ai criteri posti dalla giurisprudenza della Corte, occorre tener conto dei principi che, negli ordinamenti giuridici degli Stati membri, disciplinano la responsabilità dei pubblici poteri per i danni recati ai singoli da atti normativi; benché questi principi variino considerevolmente da uno Stato membro all’altro, si può tuttavia affermare che per gli atti normativi nei quali si traducono delle scelte di politica economica la responsabilità dei pubblici poteri sussiste solo eccezionalmente ed in circostanze particolari; questa concezione restrittiva si spiega con la considerazione che il potere legislativo, anche nei casi in cui esiste il controllo giurisdizionale sulla validità dei suoi atti, non dev’essere ostacolato nelle sue decisioni dalla prospettiva di azioni di danni ogni volta che debba adottare, nell’interesse generale, provvedimenti normativi che possono ledere interessi di singoli.
6 Si desume da queste considerazioni che, nei settori soggetti alla politica della Comunità in materia economica, si può esigere dal singolo che sopporti, entro limiti ragionevoli, senza poter farsi risarcire col denaro pubblico, determinati effetti, dannosi per i suoi interessi economici, prodotti da un atto normativo, anche se questo viene dichiarato invalido;
in un contesto normativo come quello in esame, caratterizzato dall’esercizio di un ampio potere discrezionale, indispensabile per l’attuazione della politica agricola comune, la responsabilità della Comunità può quindi sussistere solo se l’istituzione di cui trattasi ha disconosciuto, in modo palese e grave, i limiti che s’impongono all’esercizio dei suoi poteri”.